Cookie Consent by FreePrivacyPolicy.com
Loader

Quando la politica frena lo sviluppo delle energie green

garbage-6967966_1280.jpg

Nel nord della provincia di Latina va in tilt la raccolta differenziata ma la classe politica ostacola gii impianti a energia rinnovabile

C’è qualcosa che non quadra nel nord della provincia di Latina. 
Il sito Rida va in affanno, ha un problema tecnico che sta risolvendo, e una buona parte del comprensorio pontino viene sommerso dai rifiuti. Eppure mentre si invoca la pace mondiale, un’osmosi con la Natura per via di un cambiamento climatico tragicamente quotidiano e una transizione ecologica in nome di una rivoluzione green, ribadita a gran voce anche nel recente G20 in India, ecco che nei microcosmi, nei territori ai confini evidentemente delle logiche mondiali, si resta periferia. Si resta -per usare un eufemismo che abbraccia diversi significati- ‘provinciali’. 
E sì, perchè i territori provinciali hanno nel tempo fornito le loro soluzioni. Soluzioni determinate sia trasformando siti che erano nella vecchia logica e gestione dei rifiuti chiamati discariche (vedi IndEco) sia operando nella visione lungimirante di nuovi siti che guardano alla rivoluzione green con la mission di produrre energia alternativa. 
E mentre va in affanno la zona nord della provincia di Latina, che abbraccia un microcosmo di oltre 250mila abitanti, il Comune di Cisterna decide il fai-da-te, che resta sempre la soluzione tampone in casi di straordinaria emergenza come questo. Via alla raccolta dell’indifferenziato per mantenere un minimo di decoro in città, mentre il capoluogo Latina è invaso da file di immondizia a cui qualche scellerato ha appiccato il fuoco, creando ulteriore emergenza ambientale. 
“Ci chiediamo dove vengano trasferiti questi rifiuti. In quale impianto? E perché proprio lì? In base a che tipo di contratto-accordo? E perché, se viviamo momenti di emergenza continua (proprio perché non si pianifica il futuro), si ostacola in ogni modo progetti che risolvono ogni criticità rispettando la natura, i territori, l’economia? -dice Giorgio Cardona, presidente IndEco-. Perché si ostacola il futuro come il progetto Rifuture, che ha un piano pronto su area industriale per smaltire rifiuti organici trasformandoli in energia? Perchè? In nome di cosa? Di quale futuro? E in nome di quale pianificazione strutturale si risolvono le criticità in maniera provvisoria e non definitiva come sta accadendo proprio in questo momento?”. 
Anche l’appello lanciato da alcuni consiglieri provinciali, come Vincenzo Giovannini, di Aprilia, che conosce bene le difficoltà del tema e del territorio, è destinato ad accrescere il tunnel delle cose impossibili da realizzare e ottenere. Il consigliere ha invocato la necessità, impellente, urgente, assoluta, di costituire gli Egato, per individuare così l’impiantistica necessaria per chiudere -come vuole la legge- il ciclo dei rifiuti in provincia. Parliamo di qualcosa immaginato a luglio 2022, nella gestione della Regione Lazio del governatore Zingaretti, rimasta ovviamente ferma, perché nata, evidentemente, per esigenze propagandistiche. La “Disciplina degli Enti di governo d'ambito territoriale ottimale per la gestione integrata dei rifiuti urbani” è quel provvedimento presentato dalla Giunta regionale per riformare la gestione dei rifiuti: l’idea progettuale prevede che con gli Egato si completi il processo di riorganizzazione del sistema rifiuti, con la Regione proiettata a realizzare impianti pubblici per gestire il ciclo rifiuti. “Solo che abbiamo necessità di azione, un’azione determinata dall’operatività delle imprese private, che svolgono sì i propri interessi ma in nome della collettività in un’ottica, anche qui, di economia circolare aggiunge Cardona - Politica miope, amministratori pubblici lontano dalla visione del futuro, comitati ambientalisti non si sa a nome di quale tutela dell’ambiente, vedono ogni nuovo  impianto come il grande nemico da ostacolare e abbattere in nome di una arretratezza culturale difficile da estirpare”. Solo per snocciolare qualche esempio: la Germania conta 96 di quelli che volgarmente conosciamo come termovalorizzatori, la Francia 126, l’Italia 37, di cui appena 5 nel centrosud. 
“Vorrei ricordare che la Ue ha fissato al 2035 gli obiettivi del riciclaggio effettivo pari al 65% e della riduzione del ricorso alla discarica al di sotto del 10% e che all’Italia servono oltre 30 impianti per il trattamento dei rifiuti fra termovalorizzatori (per bruciare la spazzatura non riciclabile e produrre energia) e impianti di compostaggio (per trasformare i rifiuti organici in fertilizzante compost). Cari, amministratori pubblici, da dove partiamo per lanciare la sfida al futuro cercando di non morire nella coltre dei rifiuti del presente?” termina Cardona. 
14 Settembre
Autore
Claudio Mascagni

Commenti