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Caro Djokovic alla fine bastava un vaccino

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Continua la querelle e la difesa goffa del tennista serbo, che tra superficialità e ironia rischia 5 anni di detenzione in Australia

I funzionari dell'immigrazione australiana stanno esaminando una serie di errori e discrepanze sui documenti di viaggio e quelli sul Covid di Novak Djokovic, dopo che la star del tennis si è scusata per aver preso parte a un'intervista ai media mentre era consapevolmente positiva al coronavirus.

Ormai la difesa del tennista serbo è diventata una comica farsesca. Il quotidiano australiano The Age, rivelando che l'indagine del Dipartimento degli affari interni sulla star del tennis si è ampliata fino a includere la sua violazione dei requisiti di isolamento in Serbia, le dichiarazioni errate sul suo modulo di iscrizione al viaggio e le incongruenze alla data del suo test Covid. Dopo le ammissioni del tennista serbo su Instagram, gli affari interni stanno ora esaminando la discrepanza tra la data dichiarata e quella ammessa: la pena per aver fornito false prove è una detenzione di cinque anni.

"Quindi Djokovic, incastrato da una serie di prove fotografiche e testimonianze, ha ammesso di essere stato in contatto con positivi durante una partita di basket a cui aveva assistito e di aver fatto un molecolare. Mentre aspettava il risultato il 16 (come no, ci crediamo) ammette di essere andato a una serie di eventi ovviamente sempre senza mascherina. Terminati gli eventi dice che gli è arrivato (sempre il 16) il risultato del test (positivo)". Lo scrive su Twitter Selvaggia Lucarelli, che aggiunge: "A quel punto che fa, sta a casa? No, ammette di essere uscito il 18 dicembre e di aver fatto un’intervista e lo shooting fotografico da positivo perché non voleva deludere il giornalista (preferiva infettarlo che dargli il dolore di un’intervista al telefono, certo). Naturalmente ha garantito di aver messo la mascherina a parte mentre scattavano le foto. Come no. Le sue foto con la mascherina vanno cercate col lanternino, tra parentesi".

"Infine - prosegue la giornalista - dopo aver dichiarato al governo australiano di non essersi mosso da Belgrado nei 14 giorni precedenti il viaggio, ha ammesso di aver mentito sui suoi spostamenti, visto che lo avevano beccato in Spagna il 2 gennaio. 'Lo staff ha compilato male i moduli', ha detto. 'Succede, c’è una pandemia', si è difeso. E certo. Siccome sono così elastici sui visti in Australia, sbagli pure a riferire dei tuoi viaggi negli ultimi 14 giorni. Quindi, concludendo: la pandemia diventa un alibi per giustificare le palle al governo australiano ma l’avere il Covid non è un alibi per stare a casa e declinare inviti mondani e interviste durante una pandemia".

"Un campione, sì. Di miseria umana, mescolata a goffaggine, delirio di onnipotenza e menefreghismo nei confronti della legge e della salute della collettività. È Gesù? Bene, scelgo Barabba", conclude la giornalista riferendosi alle parole del padre del tennista che aveva paragonato il figlio a Gesù messo in croce.

E poi le voci del mondo del tennis, come quella di Adriano Panatta, mai tenero col serbo in merito a questa storia. 

"Non sono d'accordo sulla sua esenzione, Djokovic è il più forte giocatore del mondo e muove molto denaro, ma questo non toglie che lui debba rispettare i regolamenti: come il numero 2, il 3, il 4 e tutti quelli del tabellone" dice ai microfoni di "Radio Anch'io" Adriano Panatta. "Non sono un colpevolista, se lui dimostra che la documentazione che ha portato è corretta, dimostra la sua buona fede, che giochi. Però non si può mentire: vedo che ora dà la colpa al suo staff, ma sapete quante persone ha nello staff? E' difficile sbagliare una dichiarazione su una cosa fatta un mese fa, è strana questa cosa".

Il numero uno del tennis deve essere un esempio come Diego Armando Maradona? "Diego è stato straordinario, un fuoriclasse sul campo. Fuori dal campo ha lasciato un pochino a desiderare -risponde Panatta-. Sono tutto tranne che moralista, spero di essere giusto. Djokovic si è comportato in maniera un po' troppo disinvolta, si sentiva un po' in difetto e sperava che la sua condizione lo potesse aiutare. Ma di questa cosa non se ne può più, giocasse o non giocasse. E' un torneo di tennis, non mettiamola sul discorso politico. Questi sono, io ero, dei ragazzi in mutande che giocano con le pallette, e pensano di essere più importanti di Gino Strada. Non prendiamoci troppo sul serio altrimenti diventiamo ridicoli. Ha ragione Nadal, poteva vaccinarsi. E l'Australia ha fatto un casino".

2 anni fa
Autore
Claudio Mascagni

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