Il 1° Maggio tra chi beve mojito e chi lavora senza sorriso
È la festa di tutti, non è una celebrazione religiosa o sportiva che attrae chi ha il cuore gonfio di emozione per un feticcio o per dei colori.
È il 1° Maggio. È festa. È la festa di tutti, non è una celebrazione religiosa o sportiva che attrae chi ha il cuore gonfio di emozione per un feticcio o per dei colori. O di Liberazione, che in parte resta ancora (inspiegabilmente) divisiva. Il lavoro unisce. Ci unisce. Dovrebbe unirci.
Fa caldo. È una bellissima giornata di sole. Il 1° Maggio è sinonimo di riposo, di grigliate, di gite fuori porta. Si celebra il lavoro coltivando i propri hobby e le proprie passioni, incluso il dolce far niente, condizione che con uno spicchio di sole per noi mediterranei si trasforma in stato d’animo.
WhatsApp ti permette di restare connesso al mondo (del lavoro) anche quando non vorresti. Un amico imprenditore mi ha mandato un sms alle 6.30, rispondendomi alla messaggistica del giorno precedente, il 30 aprile, quello lavorativo. Il contenuto? Questioni di lavoro, of course.
Sento una mia amica libero professionista (libera professionista suona sinistramente ridicolo), mentre si stiracchia mi racconta la giornata di relax, tra spiaggia, un approccio di tintarella e un mojito non troppo alcolico. Il lavoro? Direttamente lunedì. Evviva il sacro ponte festivo.
Poi, mi dirigo al centro commerciale LatinaFiori. È aperto, già lo sapevo. I musi delle commesse sono lunghi, lunghissimi. Dicono la loro tra i denti, non si contengono, esprimono il proprio malumore. Vorrebbero essere fuori di lì, legittimamente, santificare quella giornata dei lavoratori dedicandola al riposo.
Anche i giornalisti riposano. Dovrebbero. È una delle pochissime feste comandante cerchiate di rosso. Poi, per deformazione più caratteriale che professionale, lavorano prendendo spunti qua e là. E alla fine ci scrivono su un pezzo.
Buon 1° Maggio a tutti.
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