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USA-URSS, la guerra del gas combattuta dalla Cia nel 1981

Un gasdotto in Alaska

Documenti inediti degli Stati Uniti rilevano come nel 1981 la Cia tentò di bloccare il gasdotto siberiano

Nei primi mesi del mandato di Ronald Reagan nel 1981 l'attenzione dello staff del presidente americano, su indicazione della Cia, si concentrò sulla situazione economica dell'Unione Sovietica, ritenendo pericoloso il progetto sovietico di costruzione di un grande gasdotto siberiano che avrebbe fornito di gas i Paesi dell'Europa occidentale.

E questo perché la vendita di gas all'Occidente avrebbe consentito a Mosca di incrementare le sue capacità militari ad ogni livello. Di qui, la preoccupazione di Washington che la dipendenza degli Alleati europei dal gas siberiano avrebbe complicato i progetti americani di coinvolgimento europeo in una politica di azione comune nei confronti dell'Urss per mettere in atto un embargo nei confronti dei Paesi del Comecon.

È lo scenario che emerge dall'analisi dei documenti della Cia e del National Security Council depositati nei National Archives di Washington, recentemente desecretati, ora utilizzati dallo storico Antonio Donno per la stesura del saggio "Prima di Gorba?ëv. L'Amministrazione Reagan e l'Urss (1981-1985)" che compare, come anticipa l'Adnkronos, sul nuovo fascicolo della rivista "Nuova Storia Contemporanea" (Le Lettere), diretta dal professore Francesco Perfetti.

In una riunione del National Security Council del 6 luglio 1981 si discusse lungamente del problema della costruzione del gasdotto. La posizione più netta fu quella del Segretario alla Difesa, Caspar Weinberger, mentre il Segretario di Stato, Alexander M. Haig, Jr., era più propenso a seguire una politica di bilanciamento tra le esigenze degli Alleati europei e quelle dell'Unione Sovietica al fine di evitare contrasti tra le due Potenze e i loro alleati: "le nostre decisioni avranno effetti sulle relazioni con i nostri Alleati e con i sovietici. Per questo motivo, è importante prendere decisioni che bilancino ciò che intendiamo fare e ciò che possiamo fare".

Ma lo sviluppo sempre più intenso nella politica degli armamenti, soprattutto nucleari, da parte di Mosca, che si sarebbe molto avvantaggiato per i proventi che sarebbero derivati dalla costruzione del grande gasdotto siberiano, il cui gas sarebbe stato acquistato dagli Alleati europei, era giudicato con molta preoccupazione da Weinberger.

Il Segretario alla Difesa non condivideva le posizioni di Haig, che giudicava attendiste e perciò pericolose nel confronto est-ovest. Weiberger disse: "la nostra politica dev'essere una politica fondata sulla leadership. Dobbiamo dimostrare ai nostri Alleati che non è nel nostro interesse incrementare le capacità sovietiche".

La conclusione di Weinberger era che fosse necessario impedire la costruzione del gasdotto siberiano e convincere gli Alleati europei su questo tema. Il dibattito proseguì per giorni alla Casa Bianca. In realtà, nessuna decisione in questo senso fu presa dal nuovo presidente Reagan, per quanto fosse chiaro agli americani un dato di fatto: "Soltanto la crescita delle esportazioni di gas attraverso il gasdotto che va dalla Siberia all'Europa occidentale eviterà un sostanziale declino nelle importazioni sovietiche negli anni '80".

Su questo problema, cruciale per gli equilibri degli armamenti fra le due parti, il confronto tra il National Security Council e la Cia tenne banco per tutti i primi anni dell'Amministrazione Reagan. Il National Security Council sosteneva che la Cia esagerasse l'importanza del gasdotto sovietico nel modificare sostanzialmente la situazione economica dell'Unione Sovietica e che "non riuscisse a mettere le esportazioni del gasdotto nella giusta prospettiva". Si trattava di una questione che riguardava direttamente l'evoluzione della Guerra Fredda.

Il team di Reagan, soprattutto nella sua componente più decisa, temeva che lo sviluppo del nucleare sovietico, nonostante la crisi economica che attanagliava il Paese, potesse alterare significativamente l'equilibrio militare e strategico tra le due Potenze a favore del comunismo. E i proventi derivanti dalla vendita del gas siberiano avrebbero potuto favorire l'Unione Sovietica sul piano degli armamenti, nucleari e non.

In sostanza, il gas sovietico aveva acquisito una rilevanza centrale nella valutazione, da parte dell'Amministrazione americana, delle forze in campo delle due Potenze. La Cia, da parte sua, valutava che il gas russo avrebbe coperto meno del tre per cento delle necessità energetiche europee, mentre, al contrario, quella quota, pur non incidendo sul decrescente livello di vita delle masse popolari sovietiche, avrebbe dato maggiore impulso allo sviluppo del settore militare di Mosca.

Così era questa la conclusione di un memorandum dell'8 luglio 1981: "il collasso del gasdotto potrebbe accrescere significativamente i problemi economici sovietici e la difficoltà di portare avanti i programmi militari". Al contrario, si legge nel memorandum, se il gasdotto fosse stato costruito, avrebbe prodotto una dipendenza dell'Europa occidentale dalle forniture sovietiche.

Commenta lo storico Antonio Donno nel suo saggio: "Come si vede, la questione del gas sovietico era divenuta centrale nella valutazione americana circa la politica da mettere in atto contro Mosca e l'atteggiamento da tenere nei confronti degli Alleati europei". La discussione proseguì il giorno dopo, il 9 luglio 1981, ma le posizioni restarono inalterate tra Weinberger e Haig.

Solo un anno più tardi, nel 1982, la questione tornò ad essere di primaria importanza, ma con definizioni diverse da quelle radicalmente opposte di Weinberger e Haig. In sostanza, un documento della Cia sulla questione così proponeva: negare la tecnologia occidentale all'Unione Sovietica per danneggiare le sue esportazioni di gas all'Europa occidentale; eliminare ogni forma di credito a Mosca; scoraggiare le industrie occidentali dall'inserirsi nei progetti energetici sovietici; impegnarsi a individuare forme alternative di energia.

Gli Stati Uniti avrebbero potuto impedire la costruzione del gasdotto siberiano prima della metà degli anni '80, ma "i governi dell'Europa occidentale si erano già impegnati con Mosca in negoziati in stato di avanzamento", si legge nei documenti. La responsabilità di tutta la vicenda, dunque, ricadeva sui governi alleati che non avevano tenuto conto, per i propri interessi, delle posizioni americane sul problema, concludevano i documenti. Ma tutta questa problematica aveva soprattutto due attori interni in aperto contrasto tra di loro: la Cia e il National Security Council.

 

 

 

 

1 anno fa
Autore
Luca Morazzano

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