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Libia, cacciata della delegazione Ue con Piantedosi

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La delegazione europea composta dal commissario alle Migrazioni Magnus Brunner, dal ministro italiano Matteo Piantedosi, e dai colleghi di Grecia e Malta

"L'ennesimo ricatto di Haftar". Così fonti libiche a Tripoli hanno commentato con l'Adnkronos quanto successo a Bengasi, dove la delegazione europea composta dal commissario alle Migrazioni Magnus Brunner, dal ministro dell'Interno italiano Matteo Piantedosi, e dai colleghi di Grecia e Malta è stata respinta con l'accusa di "violazione flagrante delle norme diplomatiche e disprezzo della sovranità nazionale libica".

Il 'caso' è scoppiato quando all'aeroporto di Bengasi, a differenza di quanto concordato con il generale Khalifa Haftar, come avviene solitamente in occasione di queste visite, ad accogliere la delegazione si sono presentati alcuni ministri del governo parallelo dell'est guidato da Osama Hammad, non riconosciuto dalla comunità internazionale. Un 'incontro' che avrebbe significato dare legittimità a quell'esecutivo, mettendolo sullo stesso piano di quello di Tripoli.

"Si è tentato un compromesso, ma hanno voluto creare il caso", spiegano fonti di Bruxelles, chiarendo che è stata dei libici la decisione di annullare la missione durante la quale si sarebbe dovuto parlare di contrasto all'immigrazione clandestina. Come avvenuto questa mattina a Tripoli, dove la delegazione europea aveva incontrato il premier del governo di unità nazionale, Abdul Hamid Dbeibah.

Nei giorni scorsi, lo stesso Hammad aveva emesso un decreto nel quale vietava il movimento e le attività delle missioni internazionali e dei diplomatici nell'est della Libia se prima non si fossero coordinate e avessero ottenuto il via libera dal ministero degli Esteri dell'autoproclamato governo dell'est. La misura era diretta in particolare contro la missione delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil), l'inviata del segretario generale, Hanna Tetteh, ed il suo staff, 'colpevole' di aver attaccato la Camera dei rappresentanti di Tobruk, per aver concesso 69 miliardi di dinari, circa 11 miliardi di euro, al Fondo per lo sviluppo e la ricostruzione di Belghassem Haftar, il figlio del generale considerato il suo possibile 'delfino'.

 

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