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Perché il costo della pasta aumenta

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Non solo l'aumento delle materie prime ma sul prezzo finale incidono anche i rincari delle tariffe energetiche e della logistica

L’impennata dei costi di produzione della pasta mette a rischio la sopravvivenza delle industrie. E’ l’allarme lanciato dal presidente dei pastai di Union Food-Confindustria Riccardo Felicetti, ad dell'omonimo pastificio, intervistato dall'Adnkronos. In primis il settore deve fare fronte agli aumenti della materia prima, il grado duro che viene utilizzato solo per pasta, cus cus e certi tipi di pane.

“Stiamo assistendo ad una vera e propria fiammata del prezzo del grano duro sui mercati nazionali e internazionali e abbiamo difficoltà a rifornirci” spiega Felicetti. Ma a incidere fortemente sui costi dei pastifici, che sono industrie altamente energivore, “sono anche gli aumenti delle tariffe energetiche”. E ancora “i trasporti, la logistica, il packaging, tutte componenti che sono aumentate contemporaneamente. Non c’è un giorno in cui non ricevo una mail da un fornitore che mi comunica che deve aumentare i listini. A titolo di esempio l’affitto di un container per l'Asia o per gli Stati Uniti, un anno fa era di 3.000 dollari, oggi 12 mila”.

Ed è una situazione che, secondo il rappresentante dei pastai, “rimarrà tale per i prossimi 12-18 mesi. Anche perché come segnala bene la Coldiretti – sostiene - il raccolto 2022 sarà influenzato da una serie di costi che l’agricoltura ha dovuto sostenere: la semente che segue il prezzo del grano, i costi energetici e dei fertilizzanti. Siamo tutti all’interno di un sistema e ce ne accorgiamo quando si passa dagli scaffali dei supermercati ma – sottolinea - bisognerebbe far capire che quando il costo e il prezzo quando non coincidono qualcuno paga la differenza che sia l’agricoltore, il mugnaio, il pastaio, la Gdo, il trasportatore e c’è un costo che va compensato, questo dovrebbe capirlo anche l’utilizzatore finale, il consumatore. Dunque, ulteriori aumenti della pasta “non si possono escludere”.

"A titolo personale – aggiunge Felicetti- la sopravvivenza della mia direi che è messa abbastanza in discussione… questo accade perché se un’azienda che produce 30 mln chili di pasta si trova ad avere, ad esempio, un aumento di 20 centesimi per ogni chilo senza scaricarlo sul mercato significa chiudere, ovvero se ho un aumento di costi di 6 milioni di euro (solo di materia prima) su un fatturato di 40 posso sopravvivere nel 2022 solo se ho guadagnato 6 milioni di euro l'anno scorso" conclude laconicamente l’imprenditore. Quanto agli aumenti del 38% segnalati da Divella il presidente Felicetti non si sbilancia e ribadisce che ogni pastificio deve fare i conti in base al proprio giro d’affari, accordi con i fornitori e la distribuzione. “Ognuno cerca di trovare dei sistemi per mitigare gli aumenti dei costi di produzione nelle relazioni con la Gdo”.

"I Pastai di Union Food dal canto loro, non possono far nulla come associazione perché sono temi sensibili all’Antitrust. - spiega - Noi ci limitiamo a osservare gli andamenti della Borsa ed esprimiamo le preoccupazione di una categoria per le dinamiche di un mercato. Ogni azienda poi, nell’ambito dei suoi uffici commerciali e delle sue direzioni commerciali, agisce a livello concorrenziale con i propri clienti e fornitori e fa le scelte più giuste per la sua sopravvivenza".

Per quanto riguarda l’aumento dei costi del grano duro, riferisce Felicetti, “tutto è iniziato a maggio quando sono arrivate le notizie dai Dipartimenti agricoltura degli Usa e del Canada in merito a una severa siccità che aveva colpito una vastissima area di terreni seminati a grano duro che ha determinato una forte diminuzione del grano sui mercati del 25%. Di lì si è scatenata “una corsa all’acquisto della materia prima sia in Italia che all’estero” e questo ha avuto un impatto importante visto che il mercato è sostanzialmente bilanciato e non si fanno scorte. “Poi, - aggiunge Felicetti - ad aggravare la situazione c’è stata una inondazione al confine tra Francia e Germania che ha vanificato la coltura di quasi un milione di tonnellate di grano duro”.

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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