La piccola Italia aspetta il miracolo di san Gennaro
Gravina alla fine sceglie il lottatore Gattuso per la panchina della Nazionale
Ora siamo arrivati a chiedere i miracoli. Ci restano solo quelli. Per lo scioglimento del sangue dalle vene dei giocatori della Nazionale ecco (San) Gennaro Gattuso per risollevare le sorti di un’Italia sbiadita che rischia di non disputare il terzo Mondiale di fila, proprio quando l’edizione 2026 è quella più extralarge della storia pallonara.
Non sapendo a che santo votarsi i vertici federali con in testa il presidente Gravina prima hanno incassato il no di Claudio Ranieri, prima scelta di assoluto livello, poi avranno forse tentennato rispetto al discutibile ritorno di fiamma di Roberto Mancini, che fa parte di quella triste recente storia di sgarbi e polemiche di chi l’azzurro l’ha indossato, come il caso Acerbi ci insegna.
Se il l’Italia chiamò non funziona per tutti, ecco che ha sedotto chi non aspettava altro. Gennaro ‘Ringhio’ Gattuso ha risposto presente in quella ridda di tecnici che erano di seconda e terza scelta davanti alla lungimiranza al ribasso di Gravina e soci. Parliamoci chiaro, senza false ipocrisie, Gattuso è una scelta di ripiego, con Inzaghi sedotto dai petroldollari, Ancelotti lusingato dal lungo corteggiamento brasiliano, Conte e Allegri allettati da sfide di serie A piuttosto che da un’Italia B.
Gattuso ha l’obbligo nazionale di rendere reale il miracolo di San Gennaro che proprio in settembre prevede lo scioglimento del sangue nell’appassionata Napoli: non è un caso che a settembre oltre che tornare sui banchi di scuola si torna anche a giocarsi le chance mondiali. Il 5 c’è l’Estonia e l’8 Israele, varchi per affrontare poi in un altro spareggio di queste qualificazioni la ‘stellare’ Norvegia, match in programma il 12 ottobre. Di Gattuso ricordo la grinta e la calma del suo Pisa in un’epica finale play off di serie C contro il Foggia di De Zerbi in uno Zaccheria che definire bollente è ancora oggi un eufemismo. Ma eravamo agli albori della sua altalenante carriera, che lo ha comunque portato su panchine importanti come Milan e Napoli, contando poi esperienze più formative dal punto di vista umano che sportivo, rispondenti al nome di Valencia, Marsiglia e Spalato. Trofei vinti? Briciole e nulla.
Se a Gattuso si può chiedere di rendere affamata e sognatrice una Nazionale che pare aver smarrito sensibilità, attaccamento e carattere, dal presidente Gravina si esige un’analisi di coscienza seria e senza sconti, come è nelle situazioni difficili. Da anni, troppi, si urla che il calcio italiano è in crisi dal punto di vista strutturale, dei talenti, dell’offerta dello spettacolo, ma poco si fa per costruire progetti sociali e di intrattenimento al passo con la contemporaneità e ancora meno per coltivare campioni del futuro. Affrontare queste criticità senza un cronoprogramma si traduce nell’attesa di un miracolo da parte di chi è ateo.
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