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C’era una vela, ora l’università: il futuro di Scampia

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L’imminente apertura della nuova sede dell’Università Federico II a Scampia è una vittoria per istituzioni e cittadini. Che sia solo l’alba di un futuro diverso?

No, come hanno detto in molti, per la rinascita di un quartiere come Scampia non basta demolire le vele.

Una demolizione richiede una sana ricostruzione. Parole simboliche? Sì, ma da oggi non solo.
Ricostruire è aprire nuove strade, concedere possibilità ripartendo da zero, quindi dai giovani, e capirli, sostenerli, con un progetto di futuro che sia il più possibile concreto.

Il progetto del 2006

È grazie all’Università Federico II, alla Regione Campania e al Comune di Napoli che viene compiuto un passo importante in questo senso, in programma da anni.

Nel 2006 era stata infatti stipulata una convenzione tra comune, regione e Università che deliberava la realizzazione di un nuovo polo di Medicina e Chirurgia a Scampia nell’ambito del progetto Restart Scampia.

Dopo 14 anni di attesa (conditi dalle solite infinite difficoltà) e al netto di problemi dell’ultimo minuto, l’apertura della nuova sede è in programma per l’anno accademico 2021/2022.
La nuova sede di Medicina e Chirurgia dell’Università Federico II sorge nell’area di 10.000 mq dove un tempo sorgeva la vela H, uno degli edifici abbattuti nel 2003. 
Sei piani e 25 metri di altezza, il nuovo edificio è a forma di “corona circolare” ed è stato progettato dall’architetto Vittorio Gregotti, scomparso nel 2020.

L’opera ha avuto un costo di circa 31 milioni di euro, finanziati da regione Campania e comune di Napoli. Un finanziamento di 20 milioni è invece arrivato a seguito di un accordo tra Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR), Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e Regione Campania. L’ulteriore finanziamento è indirizzato ad un “adeguamento impiantistico e tecnologico dei locali, sale operatorie, aule didattiche, laboratori specialistici”, oltre a “forniture di arredi e apparecchiature medicali.”

Scelta simbolica o reale opportunità? 

Sulla costruzione della nuova sede, Editoria Responsabile ha sentito l’opinione di Paolo Manzo, un fotoreporter freelance di Napoli che ha collaborato, tra gli altri, con il quotidiano spagnolo El Paìs e con la Repubblica. Il lavoro di Paolo Manzo racconta senza filtri la realtà napoletana e non solo.

Secondo il fotoreporter, la costruzione della sede Federico II a ridosso delle vele è simbolica, ma allo stesso tempo rappresenta “una ventata di aria nuova per le persone che abitano ancora nella zona.”
Tuttavia, secondo Paolo la scelta dei ragazzi rimane comunque “individuale”, e un’assenza di volontà di crearsi un “futuro diverso” non è sempre data dalle problematiche legate alla criminalità, ma anche dalla poca informazione dei ragazzi riguardo le alternative. Tuttavia, prosegue, “oltre alla volontà c’è anche il bisogno di input che possano indicare una strada giusta”, motivo per il quale la costruzione della sede rimane una grande opportunità.

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Anno zero 

Un simbolico quanto produttivo segnale di ripartenza che vede finalmente la luce, un’opportunità per Scampia ma che da sola non basta a cambiare il volto di un quartiere troppo spesso dimenticato.

Scegliere Scampia per un ateneo non è solo scegliere un luogo simbolico, è mostrare sempre più vicina l’”alternativa”, a chi che troppo spesso ha creduto non ci fosse.  
La nuova sede è un punto sul passato, ma dal quale intraprendere una nuova strada, una strada di impegno che deve riguardare le istituzioni come i cittadini. I tanti che hanno la volontà, seria, di cambiare e adesso la vedono a portata di mano.

Cittadini entusiasti del progetto e stufi di sentire “parlare male di Scampia”, come commentano sotto il post Facebook della pagina “SulSud” che racconta della nuova sede.
Commenti che, anche filtrati da un Social Network, trasmettono euforia e voglia di rivalsa. I commenti più frequenti parlano di “grande gioia”, di “iniziativa lodevole”, ma la parola più usata è certamente “opportunità”. E allora, citando un commento, “Forza Scampia!”.

2 anni fa
Autore
Emanuele Di Casola

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