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L'automobile tra crisi, investimenti e salari

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Le 5 proposte che il Comitato Automotive di IndustriAll Europe gira a Ue governo italiano

E' partita la due giorni di riunione straordinaria allargata del Comitato Automotive di IndustriAll Europe, organizzata da Fim Fiom Uilm e dal sindacato industriale europeo, sul futuro dell’industria automobilistica europea, alla luce della transizione ecologica e della decisione Ue di fermare la produzione di motori endotermici entro il 2035. Sul tavolo 5 proposte da girare al'Unione Europea e al governo italiano, con cui, spiegano i sindacati, accompagnare la trasformazione di un settore che rappresenta nel complesso circa 13 mln di posti di lavoro, 2,6 mln nel solo settore manifatturiero e che in Italia coinvolge circa 250 mila lavoratori, di cui 168 mila nella filiera della componentistica.

Servono dunque interventi di politiche industriali con cui contribuire ad attivare le sinergie di una filiera ramificata, promuovendo dimensioni e cultura di impresa compatibili con le sfide del settore; gestione delle crisi industriali già aperte; investimenti di sostegno all’offerta per la difesa dell’attuale capacità installata e dell’occupazione, per l’attrazione di nuovi investimenti produttivi e per il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti che valorizzino le eccellenze italiane di tecnologia e stile. E ancora: ammortizzatori sociali ad hoc per accompagnare le transizioni in atto; e aumento dei salari per dare risposte immediate al forte disagio economico che i lavoratori stanno affrontando a causa del caro energia e dell'inflazione.

In questi panorama invece, è il timore di tutti i sindacati, "la politica dell'Ue è troppo debole su questi aspetti cruciali per garantire che il Green Deal sia socialmente giusto", come sintetizza Luc Triangle, segretario generale IndustriAll Europe. E senza giustizia sociale "c'è il rischio che fallisca per noi e per il piante", ammonisce ancora prima di sollecitare l'Ue, che concorda sul principio, "a presentare proposte concrete".

Una preoccupazione in più la esprimono comunque i sindacati italiani. "L'Italia è uno dei Paesi più impattati da questa transizione. Transizione che non rifiutiamo, ma vogliamo governare con strumenti molto più forti", spiega il leader Fim, Roberto Benaglia che sollecita Ue e governo italiano a scoprire le carte soprattutto sulle " politiche nazionali di accompagnamento su cui il nostro Paese è in ritardo". E' per questo che la Fim, ma unitariamente con Fiom e Uilm, rilancia all'indirizzo del governo italiano "l’idea di dare al tavolo automotive più profondità, più strumenti, più politiche; in modo da permettere una forte riconversione del settore". Su tutto valga lo slogan europeo: “nessuna transizione si fa senza di noi”, aggiunge Benaglia che guarda con preoccupazione agli oltre 70mila lavoratori diretti che rischiano di perdere il posto di lavoro.

E invoca un cambio di passo Michele De Palma, segretario generale Fiom: "L’Italia oggi è il Paese che paga più di altri la transizione perché in questi anni non ci sono state politiche industriali, è ora di cambiare. Servono investimenti in ricerca e sviluppo, nuove tecnologie, software e infrastrutture, per una transizione giusta, socialmente e ambientalmente sostenibile". Per questo la Fiom chiede all’Unione Europea e al governo italiano "risorse specifiche per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, insieme a garanzie sull’occupazione e sul diritto alla mobilità per le persone, impegnando le imprese a investire su innovazione e creazione di nuovi posti di lavoro". Non solo. Il governo italiano deve inoltre incontrare i sindacati e le imprese e costituire "una task force interministeriale per sostenere e rilanciare l'industria della mobilità e dell'automotive", conclude.

Allarme per il rischio occupazione anche dalla Uilm. "In Italia, con la transizione ecologica, sono a rischio 120mila posti di lavoro", dice Rocco Palombella che per questo invoca la fine "della confusione" e l'avvio di una fase di azione e sollecita per questo una "strategia di azione comune". Servono, dice, "accordi sovranazionali ambiziosi e vincolanti, che fissino precisi obiettivi e target intermedi, le risorse per raggiungerli, gli incentivi e le sanzioni per chi non li rispetta. Tutto questo deve servire ad arginare concorrenze sleali tra gli Stati che hanno scadenze più? lontane nel tempo nella produzione e commercializzazione di auto endotermiche", dice sintetizzando per questo i dati sulla quantità? di CO2 prodotta nel mondo : 37 miliardi di tonnellate, di cui l’8% viene prodotto dai 27 Paesi dell’Unione europea, l’1% dall’Italia e il 50% del totale da Cina, Usa e India. "La Cina ha stabilito che raggiungerà? la neutralità? climatica entro il 2060 e l’India entro il 2070", conclude.

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Pasquale Lattarulo

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