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Qatar22: vamos Argentina, vamos muchachos, vamos a ganar

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Trascinata da Messi la nazionale Albiceleste supera la Croazia per 3-0. Messi incanta, doppietta di Alvarez

Vamos muchachos. Eh, già alla fine del primo tempo, dall’altra parte dell’oceano rispetto a Doha si canta e si balla pensando alla tercera. È incredibile quest’Argentina, o meglio l’Argentina. Se Messi e i suoi fratelli dovessero vincere la terza coppa del mondo graverebbe sempre una macchia sul trofeo: quella dell’esultanza scomposta e anarchica, cioè in faccia, ai poveri tulipani recisi e afflosciati dopo la rete gonfiata da Lautaro Martinez ai tiri da rigore. Nel 1978, quella nel salotto di casa, è stata indelebilmente sporcata dalla dittatura militare, dalle sue tragedie, dall’aver confuso nella fiesta de todos la patria col calcio e il calcio con la patria; quella di Mexico 86 si porta dietro il neo della mano di Dios di Diego che poi cinque minuti dopo si riscatta col gol del siglo, proprio come D10S comanda. Ma non portiamo jella. Qua la finale deve essere ancora giocata, anche se siamo sicuri che a questa osservazione il tifo argentino risponderà con una pacata sufficienza.

Comunque, pronti e via e capisci che la tattica è il leitmotiv del match. Capisci anche che come nel gioco degli scacchi il primo pezzo forte andrà via per un errore di uno dei contendenti. I croati si affidano alla coralità a differenza di un’Argentina legata sempre alla divinità del singolo, che all’inizio perde ai punti con un più intraprendente e presente Modric. Ma si aspetta l’errore, dicevamo. E così al 33’ è Alvarez a catapultarsi nel buco dell’ozono lasciato scoperto da Gvardiol, finora considerato il centrale migliore del torneo, e Livakovic lo stende. Per Orsato è rigore e rosso relativo. Messi si ricorda di ragno Livakovic dagli undici metri contro i brasiliani, così non corre rischi e saetta sotto la traversa. 1-0. Capisci che l’inerzia della partita è frantumata, tant’è che Alvarez si lancia da solo, parte per 50 metri, va dritto per dritto come all’oratorio, si getta nel bosco croato e vince due rimpalli, così a tu per tu con Livakovic lo fulmina. 2-0. Buonanotte. Siamo al 39’. Appena cinque minuti dopo. Modric scompare da che lo avevamo ammirato come tuttocampista (anche in difesa) e sale Messi, aiuta i compagni, li incita e si gasa. Ora è l’Albiceleste che gioca sul velluto mentre il campo per i croati è tutto alzato. Scaloni finalmente si rilassa. Vamos muchachos, pare che canticchino tutti in campo, consapevoli della propria forza e corroborati dalla propria tenacia. Prima del tè Mcallister rischia di chiudere tutto prima della ripresa ma l’istinto di Livakovic è da fenomeno.

Si riparte nei secondi 45’ con l’intraprendente Vlasic al posto dell’evanescente Pasalic ma è tardi, troppo tardi per la brigata croata. De Paul ringhia, Molina ara la sua corsia, Paredes vorresti sempre averlo dalla tua parte anche in un’amichevole a freccette, dall’altra parte Perisic prova a riscattare il modesto primo tempo e a scuotere i suoi ma pare che i croati abbiano ammainato la bandiera, abbandonando anche il povero Petkovic. Così l’unico che si diverte è sempre e solo lui, Messi. L'ex dirimpettaio avversario del Clasico è letteralmente scomparso, sommerso dai rimpianti, infatti Modric tocca pochi e inutili palloni, invece l’ex idolo del Barcellona decide di mettere un altro sigillo alla gara. È il 69’: Messi veste i panni del messia, decide di piazzarsi a destra, se ne va, scatta, sgomma, circumnaviga Gvardiol scherzandolo (o ridicolizzandolo, fate vobis, ma il centrale del Lipsia ha sempre vent'anni e l'anagrafica gli permetterà rivincite e soddisfazioni) e offre un cioccolatino ad Alvarez da scartare. Manco a dirlo: altra zampata e 3-0. Ora è finale. Il resto è cronaca stanca, che si trascina fino al 90’. Vamos muchachos, vamos a ganar.

1 anno fa
Autore
Gian Luca Campagna

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