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Gli italiani riscoprono la campagna della Val d'Orcia

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Cambiano i fattori ma non il prodotto: il turismo a Montalcino torna dopo solo un anno agli stessi livelli pre-covid, tra borgo medievale e cantine di vino

Meno statunitensi, inglesi, brasiliani, canadesi, australiani; più europei – tedeschi, belgi, olandesi - e soprattutto più italiani. Cambiano i fattori ma non il prodotto: il turismo a Montalcino torna dopo solo un anno agli stessi livelli pre-covid, un pieno regime nel borgo medievale e tra le aziende di vino della Val d’Orcia (patrimonio Unesco) da oltre 100mila presenze nei 4 mesi estivi e una ripresa sulle presenze 2020 che sfiora il +60%.

Lo rileva – il primo giorno del trentesimo Benvenuto Brunello - il Consorzio del vino Brunello di Montalcino, che ha elaborato i dati provvisori del Servizio regionale di statistica sulle presenze giugno-settembre (escluse le locazioni) da cui emerge una autentica riscoperta della campagna toscana montalcinese da parte degli italiani.

Un risultato, nel feudo del vino più conosciuto in Italia (fonte: sondaggio Wine Intelligence), in controtendenza rispetto alle presenze turistiche italiane dell’ultima estate, che accusano ancora, secondo Enit/Isnart, un gap importante rispetto ai numeri registrati nel 2019.

Nel complesso, in un’area enoturistica storicamente dominata dagli habitué statunitensi (in media rappresentavano il 20% delle presenze) oltre a tedeschi, inglesi e brasiliani le presenze italiane sono cresciute di circa l’80% rispetto al 2019. Diminuisce la babele di lingue nella mecca enoturistica che fino a due anni fa contava prenotazioni da oltre 60 nazioni - più o meno le stesse destinazioni principali dell’export di Brunello nel mondo – ma i numeri restano gli stessi.

“Registriamo – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – un effetto sostituzione che ci ha riportato esattamente in linea con il 2019. Oggi – ha aggiunto Bindocci - siamo riusciti a farci riscoprire dai turisti italiani e dagli europei più vicini, quelli che spesso danno per scontate le ricchezze che abbiamo nei territori rurali italiani; domani, quando torneranno anche dal resto del mondo, dovremo organizzarci per far posto a tutti, come è già successo prima della pandemia con i wine lover raddoppiati negli ultimi 10 anni”.

Un effetto sostituzione che questa estate ha visto i veneti prendere il posto dei brasiliani, i lombardi (+135%) degli statunitensi, i piemontesi – ma anche i romani, i marchigiani, i campani, i pugliesi - al posto di canadesi, australiani e danesi. Bene, nel complesso, anche gli arrivi dalla vecchia Europa, con la Germania che cresce del 10% e spodesta in testa alla classifica degli arrivi gli Stati Uniti, dimezzati dalle restrizioni ma non del tutto annullati, con circa 9mila presenze. Importante anche la crescita di Belgio e Paesi Bassi (attorno a +30%), come della Svizzera, dell’Austria e dell’emergente Polonia, tutte con incrementi attorno al 60%. Segno positivo anche per la Francia (+13%), ma nel piccolo eno-comune (6mila abitanti) tra i più conosciuti al mondo e con una densità di 1 struttura ricettiva ogni 35 abitanti le facce nuove si riconoscono soprattutto in quelle arrivate dalla Lombardia, che ha quasi triplicato le presenze (circa 14mila), in quelle del Veneto, raddoppiate, ma anche da Lazio (+31%), Emilia-Romagna (+75%), Piemonte (150%).

2 anni fa
Foto: pixabay
Autore
Claudio Mascagni

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