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Il Frosinone sbanca il casinò di Venezia: 3-1

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I ciociari vanno in svantaggio allo scadere del primo tempo, poi la reazione veemente con Grosso che azzecca tu tti i cambi

Al terminale dei giardini della Biennale, l’atmosfera nel Vincent Bar è di quella della domenica anche se è venerdì sera e c’è l’anticipo come serie B comanda. Famiglie, quattro amici al bar, qualche bella ragazza scandinava, il tifo degli arancioneroverdi è moderato e composto, così un panino accompagnato da uno spritz e via allo stadio per assistere a quella che dovrebbe essere la ripartenza per Ivan Javorcic e il suo Venezia. La Laguna è laguna, con umidità e nebbia che avvolgono lo stadio come un cordone di ovatta e cellophane, coi canali che perimetrano naturalmente il calcio, come fosse una bestemmia in una città che è patrimonio dell’umanità per la sua straordinaria bellezza tra natura, arte e architettura.

Le rivendicazioni di essere un tecnico da serie B spingono Javorcic a rivedere parzialmente le sue convinzioni: sì 3-5-2 (per quello che valgono i numeri nei moduli, se non inizialmente), pacchetto arretrato a difesa di Joronen nella linea formata da Ceccaroni, Wisniewski e lo rispolverato Svoboda; terra di mezzo popolata da Haps, Fiordilino, Buso più le ali Cuisance e Zampano (un ex); in avanti per togliere le ragnatele fiducia a Cheryshev-Pohjanpalo. Se Javorcic non ha dormito pensando alla sconfitta, Grosso vorrebbe possedere in trasferta lo stesso feeling con la vittoria che ha allo Stirpe. Così il tecnico ciociaro conferma la linea Maginot a quattro con Lucioni, Szyminski e i laterali Cotali e Sampirisi, poi Kone, Mazzitelli e Rhodén (con Boloca in panca) nella cerniera prima di Garritano e Caso mentre davanti il ballottaggio del centroboa lo vince Moro.

Alla fine, il match tra Venezia e Frosinone è un mero esercizio di contabilità: i veneti su 4 match tra le mura amiche (si fa per dire, eh) ne hanno persi 3, i ciociari invece fuori dallo Stirpe pare abbiano la testa in vacanza, tant’è che su 4 partite 3 volte sono ritornati in Ciociaria con zero punti. Ma è sempre uno scontro tra leoni, simboli delle due squadre.

PRIMO TEMPO – Dal catino del tifo espongono lo striscione ’sveglia’ e il Venezia segue lo spartito suggerito. Javorcic avrà urlato il mantra del pressing, tant’è che i veneziani alzano il campo e sembrano pressare pure la tribuna ma il campo resta avvolto dalla bruma. Intensità? Ni, perché è intramezzata da batti e ribatti nella mediana con parecchi sbadigli sugli spalti, con l’eccezione delle vampate di Zampano sull’out di destra e di qualche suggerimento dall’altra parte di Mazzitelli, che dimostra di diventare a breve leader di questa squadra. Il Venezia appare una squadra di comprimari, senza una luce che indichi la via, con terminale il lungagnone Pohjanpalo francobollato da Lucioni, mentre i ciociari dànno l’impressione di essere lo scolaretto diligente in attesa dell’occasione giusta, con Mazzitelli che appare più basso del solito, lesto a interrompere e proporre. E le occasioni? Una, in potenza, quando al 29’ Garritano sembra Mosè, gli si apre il campo ma il tiro finale non è degno della falcata e finisce lemme tra le braccia di un sonnacchioso Joronen. Il Frosinone non soffre, è ordinato, Sampirisi a sinistra pare un muro, al centro Lucioni se la cava nonostante la testa vacanziera di Szyminski e i brividi che mettono certe volte le uscite avventate di Turati. Insomma, è solo a destra che c’è un buco. Un grosso buco. Ed è proprio lì che il Frosinone annaspa, con Cotali che lascia puerilmente spazio all’ex Zampano di sgommare e crossare: accade seriamente al 27’ con Cheryshev che si lascia stoppare da un groviglio di gambe giallazzurre, fatale poi al 42’ quando Cheryshev dimostra che di questi tempi anche i russi possono essere applauditi e scaraventa all’angolo basso la rete del vantaggio, dopo aver avuto in area il tempo di accomodarsi, mettere una zolletta e prendersi una tisana. Ma che errore di valutazione della difesa, di Cotali e di Grosso, dopo l’ennesima incursione di Zampano, un coltello rovente che taglia il burro appena montato.

SECONDO TEMPO – La partita è stata stappata e manca solo il calice del Frosinone, così muta la fisionomia coi veneti pronti ad attendere l’iniziativa laziale. Eppure appena tornati in campo il Frosinone sembra ancora intorpidito, ma è questione di attimi. Prima il solito Zampano se ne va e spaventa direttamente Turati (54’), poi la partita diventa un ribaltamento continuo, Mazzitelli si stacca dalla cintola bassa e fa salire tutta la squadra, veste i panni del profeta non solo coi piedi. Joronen risponde da Superman su Rohdén (59’), si ripete su tocco di Kone (60’), poi Andersen spara su Turati il raddoppio (61’). La partita cresce di spessore e di intensità, col Venezia che però dà l’impressione di non avere punti di riferimenti, come forse è la filosofia di Javorcic del caos organizzato coi giocatori sovrapponibili. Al 66’ Grosso butta le carte: dentro Frabotta, Cervo e Borrelli. Pare la mossa della disperazione, invece è quella che dà la scossa ai ciociari, che pareggiano con una girata di testa di Lucioni su corner di Frabotta (69’). Ciociari domi? Manco per sogno. Il campo ha solo sagome giallazzurre, così ne fa le spese Ceccaroni (doppio giallo) al 77’. Ora il Frosinone ha l’obbligo di vincere, Grosso getta nella mischia anche Boloca (81’) per dare ancora più qualità nelle giocate verticali: Borrelli ci riprova e Joronen spedisce in corner con l’aiuto di San Marco (83’), poi però capitola sull’ennesimo flipper in area quando Mulattieri in spaccata fa l’1-2 su invenzione di Frabotta dalla fascia. Poi finale da cardiopalma: prima il palo respinge un fendente di Crnigoj (90'), poi Borrelli da due passi liscia come un pulcino smarrito un invito al bacio di Ciervo (92'). Ma mica è finita: al 94' Zampano sbaglia il controllo e lascia il corridoio per il piattone del 3-1 a Borrelli. 

Finisce qui. Il Frosinone torna alla vittoria in trasferta e brinda ai tre punti con un secondo tempo di dinamismo e qualità. 

1 anno fa
Autore
Gian Luca Campagna

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