A quando una donna segretario di Stato in Vaticano?
In uscita il volume ‘In buona fede’ - il porporato contro la nuova versione del Padre nostro, teologi tenuti ai margini
Una donna segretario di Stato in Vaticano: ”Sarebbe il momento”. Parola del cardinale Gerhard Müller, già Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede con Benedetto XVI, ed esponente di spicco dell’ala più ortodossa della Chiesa, in una lunga intervista senza censure della vaticanista Franca Giansoldati, da cui è nato il volume ‘In buona fede’ (edito da Solferino) in uscita il 27 gennaio. “Onestamente - osserva Müller - non credo che la Chiesa sia maschilista, nel senso etimologico del termine. È uno dei tanti pregiudizi che circolano. Non vi sono, infatti, ostacoli di sorta a che la donna svolga ruoli accademici di assoluto rilievo, per esempio professoressa di teologia nelle università pontificie. Così come potrebbe ambire benissimo a ruoli apicali in Segreteria di Stato o altrove in curia. Naturalmente per essere docenti di teologia servono precise competenze”.
“Le donne - dice il porporato già prefetto dell’ex Sant’Uffizio- possono occupare tutti i ruoli nella Chiesa che non sono legati al sacramento dell’ordine. Ritengo per esempio fattibile nominare una donna nunzio apostolico, oppure una donna Segretario di Stato o anche Sostituto per gli Affari Generali o, ancora, governatrice dello Ior. Forse sarebbe anche il momento di avere una donna Segretario di Stato o ai vertici del Governatorato, visto che sono ruoli aperti anche ai laici, senza alcuna preclusione. Però sul sacerdozio c’è un limite invalicabile, il sacerdote può essere soltanto un uomo, così come il cardinalato: per una donna non può essere contemplato poiché all’origine del Collegio cardinalizio vi era il legame con il sacerdozio, tanto che ancora oggi a ogni cardinale è associata una chiesa di Roma”.
In futuro non sembra esserci spazio per una presenza femminile qualificata tra gli elettori chiamati in un conclave a eleggere il Papa. Dice il card. Müller: “Bisogna partire dalle radici per capire in quale direzione si può andare. Il conclave cominciò a strutturarsi quando la Chiesa di Roma iniziava a eleggere il suo vescovo, il successore di Pietro. Non si trattava di un’elezione in senso democratico, ma di una scelta guidata dallo Spirito Santo. In seguito vennero lentamente definiti i confini e le regole, fino ad arrivare alla situazione odierna. Sappiamo che nel Medioevo, ma anche oltre, vi erano grandi famiglie nobiliari che portavano avanti proprie politiche per influenzare la scelta del successore. Fu Niccolò II a stabilire le prime regole per l’elezione e da lì le norme sono state perfezionate fino all’attuale costituzione Universi Dominici Gregis. E venne chiarito che solo i cardinali della Chiesa romana – quelli incardinati nelle chiese titolari – avessero diritto di voto, proprio per limitare il caos e le pressioni esterne”.
Nel libro intervista di imminente uscita, il prefetto emerito dell’ex Sant’Uffizio auspica che in futuro non ci siano più papi emeriti: “Io mi aspetto che quello di Benedetto XVI resti un caso personale ed eccezionale. Ho sconsigliato a suo tempo a Papa Francesco di percorrere lo stesso sentiero anche se lui, per suo carattere, alla fine fa sempre il contrario di quello che gli si dice. (Müller ride di gusto.) Papa Francesco mi disse che anche lui avrebbe potuto ritirarsi e andare in pensione se mai si fossero verificate determinate circostanze legate alla salute, tenendo conto che Benedetto XVI ha aperto un precedente, rendendo possibile questa ipotesi anche ad altri in futuro. Ma l’opinione sulle dimissioni papali è materia divisiva. Ricordo che il cardinale Maradiaga, grande elettore di Papa Francesco al conclave, un giorno lodò parecchio Benedetto XVI per la rinuncia. È possibile che certi settori della Chiesa aspettino che il Pontefice attuale rinunci, facendo balenare disegni di politica ecclesiastica, o anche per pilotare meglio il prossimo conclave e individuare, chissà, un giovane candidato vicino alle riforme nel frattempo avviate, ma la Chiesa non può agire in questo modo. Altri ancora premono perché venga studiata una normativa per regolare gli avvicendamenti al soglio di Pietro prima della morte naturale del Pontefice. Tutti meccanismi deleteri all’unità della Chiesa. I cattolici dovrebbero accettare sempre il Papa eletto, chiunque egli sia”.
Per Müller, “nessuno potrà mai fare una legge sulle dimissioni affermando che il Papa deve lasciare dopo un certo numero di anni o, ancora, che dipende dalla sua coscienza. Non si tratta di una scelta personale, poiché presenta risvolti critici per la Chiesa intera, con un miliardo di credenti coinvolti nel mondo, e oltre quattromila vescovi. Chiaramente non si possono impartire direttive o comandi al Pontefice, ma tutto dovrebbe seguire anche una logica, evitando di procedere secondo l’arbitrarietà del faccio-ciò-che-voglio. Ecco, questo non rappresenta affatto la spiritualità della missione di Pietro”.
L’ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede non approva i cambiamenti apportati al testo del Padre nostro dove la frase ’non ci indurre in tentazione’ è stata sostituita con ‘non abbandonarci alla tentazione’. “A me - dice - pare una modifica incomprensibile. ‘Non ci indurre in tentazione‘ sono le parole di Gesù nel Nuovo Testamento e teoricamente non si poteva cambiare quel testo, o perfezionare la versione greca. Si tratta di una traduzione non corretta, anche se a volte è complicato tradurre bene e provare a migliorare le parole di Gesù. Possiamo spiegare o interpretare i malintesi, non possiamo di certo alterare il senso originale. «Non indurci in tentazione»: nella Bibbia abbiamo Satana che ci introduce alla tentazione e resta una prova che Dio asseconda per testarci, per metterci sotto esame. L’orientamento verso il peccato è una spinta innata nell’uomo. Chi ha modificato il testo della preghiera era certamente animato da buone intenzioni, ma il risultato ottenuto non rispecchia quello che indica il testo originale.Fortunatamente il Padre Nostro è stato cambiato solo in italiano, non in altre lingue. In tedesco, per esempio, è rimasto invariato”.
Ma come mai nessun collaboratore del Papa lo ha avvisato in tempo di questo errore nella traduzione del Padre Nostro in italiano? “Penso - spiega il card. Müller - che il mio successore, il cardinale Ladaria lo abbia anche fatto e so che lo hanno fatto anche altre persone, ma la categoria dei teologi in questo frangente storico non ha grosse chance. Sono tenuti ai margini”.
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